
Mostra “Paesaggi. Realtà Impressione Simbolo”
Novara – Castello Visconteo Sforzesco
Fino al 6 aprile 2025 è allestita al Castello di Novara la mostra “Paesaggi. Realtà Impressione Simbolo. Da Migliara a Pellizza da Volpedo”, dedicata all’evoluzione della pittura di paesaggio fra Ottocento e Novecento, dalla pittura romantica a quella d’impressione al divisionismo. L’ingresso è incluso nell’Abbonamento Musei Piemonte Valle d’Aosta.

Filippo Carcano, Pianura lombarda
La pittura di paesaggio
Le origini della moderna pittura di paesaggio affondano le loro radici nel Rinascimento, con la scoperta della prospettiva scientifica che permette di ricreare la profondità dello spazio sulla superficie del quadro, e le osservazioni di Leonardo da Vinci intorno alla resa atmosferica e il conseguente diverso trattamento dello sfondo rispetto al primo piano. La pittura di paesaggio che si afferma nel Seicento, con Poussin e Claude Lorraine, è ancora subordinata alla pittura di storia: lo studio del paesaggio serve infatti a collocare in maniera credibile l’evento storico o religioso in un ambiente naturale. Il paesaggio del Settecento viene declinato in funzione del nuovo interesse per l’archeologia e del fenomeno del Grand Tour: gli scenari naturali, le rovine classiche e le bellezze architettoniche visitate da poeti, letterati e nobili stranieri in viaggio per la penisola vengono riprodotti in vedute che contribuiscono all’affermazione di una coscienza paesaggistica.

Angelo Beccaria, Alla pesca
Nel corso dell’Ottocento, una moltitudine di percorsi artistici porta ad un nuovo modo di intendere la pittura di paesaggio. Nell’Inghilterra dei primi anni del secolo pittori come John Constable e William Turner danno l’avvio allo studio della natura dal vero e alla resa degli effetti luministici e dell’atmosfera. Dalla seconda metà degli anni ’20 il francese Camille Corot pone le basi per la pittura tonale: la sua attenzione è infatti principalmente rivolta ai valori tonali e alla relazione fra le masse di colore. Nella Francia degli anni ’30, i pittori della cosiddetta Scuola di Barbizon sono fra i primi a cercare l’ispirazione per i loro soggetti nella natura, che dipingono dal vero e non più in studio. Sono invece i pittori romantici del Nord Europa a dipingere paesaggi che esprimono i sentimenti e le emozioni provate al cospetto della natura.

Julius Lange, Paesaggio nordico con montagne
Fra gli anni ’50 e ’60 in Italia i Macchiaioli dipingono paesaggi per mezzo di macchie di colore, contrasti fra luci e ombre, giustapposizioni di valori tonali. Un’influenza da non trascurare, soprattutto sugli artisti francesi, viene dalla diffusione delle stampe di artisti giapponesi come Utamaro, Hokusai e Hiroshige, con i loro paesaggi idillici, le vedute del Monte Fuji e gli scorci urbani. Dagli anni ’70 il movimento impressionista fa della rappresentazione del paesaggio colto en plein air il suo tema principale, ponendosi all’origine di un percorso artistico che arriva al Pointillisme in Francia e al Divisionismo in Italia.

Leonardo Bazzaro, Passa la funicolare
La mostra
L’esposizione è dedicata all’evoluzione della pittura di paesaggio fra Piemonte, Lombardia, Liguria e Svizzera nel periodo che va dalla nascita della pittura dal vero, alla pittura d’impressione, alla pittura divisionista, in un secolo nel quale il paesaggio passa dall’essere un genere minore nella gerarchia delle arti figurative, quasi un accessorio alla raffigurazione di eventi storici o mitologici, a diventare un genere autonomo fra i più richiesti dai collezionisti.

Gaetano Fasanotti, Strada di montagna
Divisa in nove sezioni, la mostra si apre con una sala dedicata al paesaggio di età romantica, dalle vedute prospettiche degli anni ’20 al successo di quelli che venivano allora chiamati “pittori di paese” nel corso degli anni ’30 e ’40. L’opera più antica in esposizione è una veduta di Marco Gozzi del 1821 che raffigura il ponte di Crevola, località della Valsesia, commissionata al pittore dal governo austriaco con lo scopo di documentare la Lombardia moderna con le sue opere di ingegneria (ponti, strade, vie di comunicazione): si tratta quindi di un primo approccio al paesaggio fondato sullo studio dal vero, con l’intento di riprodurlo con esattezza e precisione. La sezione ospita poi diverse vedute di località italiane, nelle quali vengono raffigurate con ricchezza di particolari gli elementi più pittoreschi del paesaggio.

A sinistra: Giuseppe Bisi, Veduta di Genova dal Santuario della Madonna del Monte. A destra: Giuseppe Bisi, Veduta di Napoli
La seconda sezione è dedicata all’influenza che gli artisti stranieri hanno avuto sul paesaggismo italiano; fin dalla metà degli anni ’40 i pittori d’oltralpe vengono ospitati alle mostre che si tengono a Milano presso l’accademia di Brera. Un quadro di soggetto alpino del tedesco Julius Lange è rappresentativo del paesaggio sublime tipico degli artisti nordici, nei quali un realismo attento alla raffigurazione dettagliata dei particolari si combina con un sentimento romantico e grandioso della natura. I pittori della scuola di Barbizon sono invece presenti con un’opera di Théodore Rousseau, figura carismatica attorno alla quale già alla fine degli anni 30 si raccoglie un gruppo di pittori alla ricerca di un contatto più profondo e vero con la natura.

Giovanni Carnovali detto Il Piccio, Paesaggio fluviale (Lungo l’Adda)
La terza sezione racconta la storia di tre scuole di pittura. L’artista ginevrino Alexandre Calame fonda una scuola di disegno nella sua città natale nel 1835, ospitando un gran numero di allievi provenienti da tutta l’Europa, attratti dalla resa intensamente realistica dei suoi panorami alpini. La Scuola dei Grigi, attiva nei anni fra il 1860 e il 1880 a Carcare (Savona), è un circolo di giovani artisti che si rifanno ai paesisti francesi degli anni ’30. La cosiddetta Scuola di Rivara è costituita da un gruppo di pittori paesaggisti che dal 1860 e per circa 20 anni si ritrovano a soggiornare e dipingere en plein air nella cittadina piemontese di Rivara, nel Canavese; il sodalizio, che non ha intenti programmatici e non costituisce una vera e propria scuola con maestri e allievi, si propone di ispirarsi al vero naturale; ne fanno parte fra gli altri diversi esponenti della Scuola dei Grigi.

Antonio Fontanesi, Aprile. Sulle rive del lago del Bourget in Savoia
La quarta sezione è dedicata agli esordi della pittura di impressione. Dalla metà degli anni ’60 gli studenti dell’Accademia di Brera sono spronati dai loro insegnanti ad andare a dipingere nelle campagne intorno a Milano per confrontarsi con il vero e cercare di restituire sulla tela le luci, i colori e le ombre esistenti in natura. I loro lavori cercano un linguaggio idoneo a trasmettere il senso del vero e le impressioni lasciate su di loro dalla realtà, utilizzando tecniche pittoriche meno analitiche e più materiche per ricreare l’effetto visivo che percepiscono osservando la realtà. Il dipinto di paesaggio in questi anni di affermazione della fotografia non ha più l’intento di riprodurre una veduta paesaggistica ideale o una scenografia basata su rigide norme prospettiche e compositive, ma di rendere l’armonia di accordi luminosi e cromatici studiati dal vero, l’ariosità di una realtà naturale in continuo mutamento, il dato naturale nella sua essenza di rapporti fra luce e colore.

A sinistra: Eugenio Gignous, Pianura lombarda. A destra: Achille Befani Formis, Ritorno da una refezione sul lago di Varese
La quinta sezione ospita i pittori cosiddetti coloristi, che abbandonano il disegno nella costruzione dell’opera affidandosi esclusivamente al colore, rinunciando quindi alla descrizione precisa della realtà e all’idea della pittura come imitazione. Utilizzando tecniche pittoriche innovative fatte di tacche di colore, pennellate veloci, alternanze fra la matericità degli impasti e stesure più leggere e sfumate, questi pittori restituiscono la realtà nella sua essenza di forma e colore. Tecniche come l’utilizzo di colori puri, l’accostamento intuitivo dei complementari, la costruzione del chiaroscuro tramite la giustapposizione delle masse, permettono agli artisti di restituire con immediatezza il dato naturale e gli effetti emotivi del colore.

A sinistra: Giorgio Belloni, Nei campi. A destra: Eugenio Gignous, Isola dei Pescatori
La sesta sezione presenta vedute urbane di Milano, nelle quali gli artisti rivolgono la loro attenzione alla città moderna in continua trasformazione, con scene di vita quotidiana fra i Navigli e le vie del centro brulicanti di passanti e tramvai. I pittori restituiscono la vivacità di colore e luce di una città solcata dai canali con i loro riflessi variegati, raffigurano le strade colte in pieno sole o avvolte nella nebbia, con la luce naturale del giorno o in quella artificiale dell’illuminazione pubblica, giunta in città all’inizio degli anni ’80.

A sinistra: Giovanni Segantini, Nevicata. A destra: Giovanni Segantini, Il Naviglio a ponte San Marco
La settima sezione è una piccola sala monografica dedicata al naturalista Leonardo Bazzaro, paesaggista ma anche ottimo pittore di figura, dotato di una vivace vena narrativa con la quale è in grado di armonizzare le figure e l’ambiente nel quale si trovano. Sono esposti cinque dipinti eseguiti nei primi anni del ’900 nel villino che il pittore possedeva sulla strada che da Verbania porta alla montagna del Mottarone, e nella quale si recava spesso in compagnia della moglie, protagonista di tutte le opere.

A sinistra: Leonardo Bazzaro, I miei fiori. A destra: Leonardo Bazzaro, Passa la funicolare
L’ottava sezione raccoglie dipinti eseguiti negli anni ’90 che ci portano dagli scenari delle Prealpi all’alta montagna. Nel corso del decennio precedente la pratica dell’alpinismo e del turismo d’alta montagna erano diventati di gran moda fra l’alta borghesia, rendendo i soggetti alpini molto ricercati dai collezionisti d’arte. Le scene raffigurate spaziano quindi da una colazione sulle rive di un lago, ai paesaggi osservati da un’altura, all’imponenza dei ghiacciai in tutta la loro potenza volumetrica e plastica.

Ludovico Cavaleri, Dalle montagne del lago Maggiore
La nona sezione illustra la nascita e l’affermazione del Divisionismo, l’innovativa tecnica nata ancora una volta dalla sperimentazione sulla dinamica fra luce e colore: i recenti studi scientifici sulla scomposizione della luce e sui colori complementari danno lo spunto agli artisti per elaborare una nuova metodologia pittorica che si basa sull’applicazione di colori puri stesi a piccole pennellate, che vengono accostati per ottenere la massima intensità tonale e luminosa. Partendo dal dato fisico, la luce assume progressivamente una valenza spirituale, emozionale e simbolica, come in una visione che ci viene offerta dagli artisti.

Angelo Morbelli, Nebbia domenicale
Un’ultima sala ospita una piccola sezione dedicata a Giuseppe Pellizza da Volpedo. Lo studio del paesaggismo inglese da Turner a Constable e la riflessione sulla pittura di paesaggio di Fontanesi lo portano ad approfondire la ricerca sul tema della natura studiata dal vero con la sua atmosfera, la sua luce e i suoi colori, allo scopo di restituire in maniera immediata le sottili vibrazioni cromatiche ed emozionali del paesaggio; il paesaggio osservato dal vero diventa un luogo mentale, una natura trasfigurata e reinterpretata dalla pittura, non un semplice luogo visto e riprodotto ma un’immagine universale della natura e una dimostrazione del potere della luce.

A sinistra: Giuseppe Pellizza da Volpedo, La Clementina. A destra: Giuseppe Pellizza da Volpedo, Valletta a Volpedo
Come arrivare
Il Castello di Novara si trova al limitare del centro storico.
In auto: tutti i parcheggi del centro storico di Novara sono a pagamento, con tariffe variabili a seconda della distanza. La mappa dei parcheggi e le tariffe sono consultabili sul sito del Musa. Consigliamo il parcheggio di Viale Giuseppe Verdi, con comodo pagamento al termine della sosta a tariffe molto vantaggiose.
Con i mezzi pubblici: la stazione ferroviaria di Novara, a poco più di 1 km dal Castello, è servita da numerosi treni regionali e Intercity.
Dove mangiare
Per una sosta dolce o uno spuntino veloce, consigliamo la sede di via Fratelli Rosselli de Il Fornaio Caffè e Bakery con tavolini all’interno e all’esterno.
Per il pranzo o la cena consigliamo la pizza di Pizzium, sotto i portici a pochi passi dal Castello, o un hamburger da Starvin’ Burger, nel pedonale corso Italia.
Collegamenti utili