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Mostra “Giorgio de Chirico: 1924”

Torino – Fondazione Accorsi – Ometto

Alla Fondazione Accorsi-Ometto – Museo di Arti Decorative di Torino è in corso fino al 2 marzo 2025 la mostra “Giorgio de Chirico: 1924”, che con oltre 50 opere del maestro della Metafisica racconta il suo rapporto e la sua influenza sulla nascita del Surrealismo, nell’occasione del centenario della fondazione del movimento ad opera del critico André Breton. L’ingresso è incluso nell’Abbonamento Musei Piemonte Valle d’Aosta.

Giorgio De Chirico, Autoritratto Ulisse

Giorgio de Chirico, Autoritratto (Ulisse)

La biografia dell’artista

Giorgio de Chirico nasce nel 1888 a Volo, in Grecia, da genitori italiani; il padre, di nobile famiglia di origini siciliane, è un ingegnere impegnato nella costruzione delle linee ferroviarie della Tessaglia, mentre la madre è una nobile di origini genovesi. Il fratello Andrea, che diventerà pittore con il nome d’arte di Alberto Savinio, nasce nel 1891 ad Atene. I de Chirico ritornano a Volo nel 1896; qui Giorgio prende le prime lezioni di disegno, per poi proseguire lo studio della pittura al Politecnico di Atene fra il 1903 e il 1906.

Giorgio de Chirico, Autoritratto con la madre

In seguito alla morte del padre nel 1905, la madre decide l’anno successivo di lasciare la Grecia con i due figli. Dopo brevi soste a Venezia e Milano, la famiglia si trasferisce a Monaco di Baviera, dove Giorgio frequenta l’Accademia di Belle Arti e conosce le opere di due pittori che influenzeranno la sua prima produzione: Arnold Böcklin, la cui Isola dei Morti ispira alcune figure delle sue Piazze d’Italia, e Max Klinger, la cui serie dedicata ai guanti ritorna negli enigmatici oggetti delle composizioni metafisiche dechirichiane.

Nel 1909 Giorgio si trasferisce con la madre e il fratello a Firenze; qui inizia a dipingere quadri dove esprime il sentimento di malinconia delle soleggiate giornate autunnali nelle città italiane; nasce così nel 1910 il suo primo quadro metafisico, Enigma di un pomeriggio d’autunno, ispirato da una visione avuta in piazza Santa Croce.

Georgius de Chirico se ipsum

Giorgio de Chirico, Georgius de Chirico se ipsum

Nel 1911 si trasferisce a Parigi, dove inizia a sviluppare il tema delle Piazze d’Italia, luoghi metafisici (‘al di là della fisica’) nei quali il tempo sembra sospeso e i grandi spazi sono segnati da lunghe ombre nere tipiche del tardo pomeriggio, che contrastano con luce intensa e immobile tipica del mezzogiorno; le piazze sono luoghi di assenza, dove i pochi personaggi, quando presenti, sono figure immobili sopraffatte dalle imponenti architetture che le circondano: portici e castelli, ciminiere e torri, mura di cinta che ostruiscono la visuale, oltre le quali si intravedono vele o treni a vapore, un ricordo della professione del padre.

Dal 1912 inizia ad esporre nei saloni parigini, dove le sue opere sono notate da Pablo Picasso e dal poeta Guillaume Apollinaire, il quale recensisce entusiasticamente una delle sue mostre nel periodico «L’Intransigeant», dando inizio ad un rapporto di amicizia e stima reciproca. Tramite Apollinaire, de Chirico entra in contatto con il suo primo mercante Paul Guillaume e con altri artisti attivi a Parigi. Nel 1915, allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, i fratelli de Chirico rientrano in Italia per prestare il servizio militare. Vengono trasferiti a Ferrara, dove Giorgio inizia a dipingere i primi Interni metafisici e i primi Manichini. Negli Interni metafisici, oggetti incongruenti ed enigmatici sono raccolti in stanze chiuse dalla prospettiva distorta, a evocare un senso di attesa, mistero e indecifrabilità del reale; nella serie dei Manichini, figure immobili in ambienti aperti come le Piazze o chiusi come gli Interni metafisici hanno un aspetto umano ma allo stesso tempo mostruoso perché sono composte da un assemblaggio di parti, non hanno volto e sono privi di movimento e vita.

Giorgio De Chirico, Facitori di trofei; La famiglia del pittore

A sinistra: Giorgio de Chirico, Facitori di trofei. A destra: Giorgio de Chirico, La famiglia del pittore

Nel 1917 Giorgio trascorre un periodo di convalescenza presso l’ospedale militare per malattie nervose; qui incontra il pittore Carlo Carrà, che inizia a dipingere interni metafisici e con il quale stabilisce una profonda amicizia, destinata però a interrompersi pochi anni dopo quando Carrà pubblica il testo Pittura metafisica senza citare in alcun luogo de Chirico. Nel 1919, terminato il servizio militare, Giorgio si trasferisce a Roma; negli anni seguenti si dedica allo studio dei maestri italiani del Rinascimento, di cui esegue diverse copie durante le sue visite nei musei di Roma e Firenze.

A sinistra: Giorgio de Chirico, Testa di San Giovanni. A destra: Giorgio de Chirico, Ritratto di signora

Nel 1921 inizia un rapporto epistolare con André Breton, poeta e critico francese poi fondatore del movimento del Surrealismo, e con il poeta Paul Éluard, fra i maggiori esponenti del movimento surrealista, e sua moglie Gala. Breton e gli Éluard diventano i primi sostenitori di de Chirico e acquistano numerose opere della sua produzione metafisica degli anni ’10 e ’20, eleggendolo a padre spirituale del Surrealismo.

André Breton, Manifesto del Surrealismo

Trasferitosi a Parigi nel 1925, de Chirico dà avvio ad una fase di ricerca sulla classicità e il mito mediterraneo, sviluppando nuovi temi come gli Archeologi, i Cavalli in riva al mare, i Trofei, i Paesaggi nella stanza, i Gladiatori. I Surrealisti criticano aspramente la sua svolta classicista e iniziano una campagna denigratoria contro la sua produzione più recente che porta alla definitiva rottura dei rapporti già dal 1926.

Giorgio De Chirico, Cavalli in riva al mare (Les deux chevaux);  Chevaux au bord de la mer

A sinistra: Giorgio de Chirico, Cavalli in riva al mare (Les deux chevaux). A destra: Giorgio de Chirico, Chevaux au bord de la mer

Fra il 1936 e il 1938 de Chirico si stabilisce a New York, dove collabora con alcune riviste, cura l’allestimento di vetrine e negozi, e organizza mostre personali. Dopo un nuovo soggiorno a Parigi, torna in Italia nel 1940, stabilendosi definitivamente a Roma nel 1944; risalgono a questo periodo le prime sculture in terracotta dipinta che ripropongono i personaggi dei suoi quadri, e l’avvio del suo periodo barocco, caratterizzato da composizioni dipinte con un colore ricco e pastoso. Dagli anni ’50 e fino a tutti gli anni ’70 replica le sue opere degli anni Dieci, Venti e Trenta, reinterpretando con colori accesi e atmosfere più serene soggetti come i Manichini, gli Archeologi, i Gladiatori, le Piazze d’Italia e gli Interni metafisici. Nel 1973 realizza la Fontana dei Bagni misteriosi per la XV Triennale di Milano nel parco Sempione. Si spegne a Roma nel 1978 all’età di 90 anni.

Giorgio De Chirico, Natura morta con selvaggina (il bicchiere di vino); Arance - Villa romana; Natura morta con cocomeri e corazza

Giorgio De Chirico, a sinistra: Natura morta con selvaggina (il bicchiere di vino). Al centro: Arance – Villa romana. A destra: Natura morta con cocomeri e corazza

Il percorso della mostra

In occasione del centenario della pubblicazione del Manifesto del Surrealismo da parte del poeta e critico francese André Breton, la mostra ricostruisce il percorso artistico di de Chirico negli anni fra 1921 e 1928, dimostrando tramite dipinti, fotografie d’epoca, lettere e cartoline scambiate con Breton e gli Éluard l’influenza del pittore sulla nascita del movimento surrealista.

mostra de chirico, galleria fotografica sala I

Man Ray e Lee Miller, ritratti fotografici di esponenti del Surrealismo

L’esposizione si apre con una ventina di fotografie scattate da Man Ray e Lee Miller ad artisti, poeti e scrittori surrealisti. Il movimento viene fondato da Breton nel 1924, ma già dal 1916 il critico scopre la pittura metafisica di de Chirico a Parigi tramite il poeta Guillaume Apollinaire; Breton, così come gli altri artisti surrealisti, è attratto dal carattere onirico dei quadri di de Chirico, dal suo uso incongruo della prospettiva e della luce, dall’accostamento irrazionale di oggetti comuni e fantastici collocati in ambienti insoliti, pervasi da un senso enigmatico di inquietante isolamento, dove tempo e spazio sembrano sospesi, caratteristiche considerate espressione ideale della fantasia e delle visioni generate dal subconscio. Breton e de Chirico iniziano un rapporto epistolare alla fine del 1921 dal quale emerge come il critico francese dia un fondamentale aiuto al pittore per l’esposizione e la vendita dei suoi quadri a Parigi; i due si incontrano di persona alla fine del 1924, poco dopo la pubblicazione del Manifesto. Inizialmente sostenuto dal gruppo surrealista, che acquista molte opere degli anni Dieci e del periodo metafisico, dopo la sua svolta classicista de Chirico viene accusato dai Surrealisti di rinunciare alla modernità per rifugiarsi in un ritorno all’antico. La frattura è definitiva già dal 1926.

A sinistra: Giorgio de Chirico, Thèbes. A destra: Giorgio de Chirico, La mia camera nell’Olimpo

Lo studio da parte di de Chirico dell’arte del passato costituisce in realtà un’evoluzione naturale del suo percorso artistico. L’antichità, l’architettura e le storie della mitologia greca sono una parte fondamentale dell’esperienza personale di de Chirico, nato e cresciuto in Grecia dove vive fino all’età di 18 anni. Già i suoi quadri metafisici sono ricchi di riferimenti all’antichità, con statue di divinità greco-romane, architetture rinascimentali che a loro volta si rifanno a quelle classiche, un continuo richiamo alla luce del Mediterraneo, nell’intento di riproporre il mito arcaico nell’epoca moderna. Lo studio attento delle tecniche e delle opere degli autori del passato, soprattutto del Rinascimento, è per de Chirico un passaggio indispensabile per comprendere le origini e l’evoluzione dell’arte. Sono quindi esposti dipinti risalenti agli anni 1921-1925 che riprendono statue classiche viste a Roma e Firenze, paesaggi e sfondi che si rifanno alle atmosfere leonardesche, ritratti e autoritratti che richiamano la maniera compositiva dei maestri italiani del Quattrocento.

Giorgio de Chirico, L’aragosta (Natura morta con aragosta e calco) © Giorgio de Chirico by SIAE 2024

Una sezione speciale espone una serie di disegni che de Chirico realizza nel 1922 per illustrare il romanzo Siepe a Nordovest dell’amico poeta, drammaturgo e romanziere Massimo Bontempelli, che sviluppa uno stile letterario ispirato dall’irrazionalità e dall’apparente casualità del sogno; queste opere su carta raffigurano scene di ambientazione cavalleresca pervase da un’atmosfera fiabesca.

Giorgio De Chirico, Scena dell’amaca; Entrata della zingara

A sinistra: Giorgio de Chirico, Scena dell’amaca. A destra: Giorgio de Chirico, Entrata della zingara

De Chirico si trasferisce a Parigi nel 1925, attirato dal dinamismo della capitale francese, dove si trovano i suoi principali acquirenti, i colleghi artisti già incontrati durante il suo primo soggiorno degli anni ’10, e i suoi sostenitori del gruppo surrealista. Inizia a sviluppare nuovi temi come gli Archeologi, figure composte da assemblaggi di oggetti giustapposti; i Trofei, totem celebrativi composti da elementi che legano passato e presente; gli Interni, stanze stipate di elementi inaspettati come rocce, frammenti di colonne, arredi, porzioni di templi classici; i Cavalli sulla spiaggia, coppie equestri analoghe a quelle degli Archeologi, che galoppano compiendo il loro viaggio metafisico; i Gladiatori, monito sulla brutalità dell’uomo.

Giorgio De Chirico, Gli Argonauti; Cavalli antichi; Cavalli in riva al mare (Les deux chevaux)

Giorgio De Chirico, a sinistra: Gli Argonauti. Al centro: Cavalli antichi. A destra: Cavalli in riva al mare (Les deux chevaux)

La ricostruzione della relazione fra de Chirico e i Surrealisti è completata dalle numerose lettere e cartoline esposte, scambiate con Breton e con i coniugi Éluard negli anni 1921-1925, cioè dai primi anni caratterizzati dal sostegno al pittore tramite collaborazioni professionali, committenze e amicizia personale, fino all’inasprimento e definitiva rottura di ogni rapporto.

giorgio de chirico, lettere

Lettere fra Giorgio de Chirico e André Breton, Paul e Gala Éluard

Informazioni sulla mostra

Per un approfondimento sulla collezione permanente del Museo di Arti Decorative, leggete il nostro articolo: Torino – Fondazione Accorsi-Ometto

Come arrivare

La fondazione Accorsi-Ometto si trova in via Po 55, a pochi passi da piazza Vittorio Veneto.

Con i mezzi pubblici: tram 13 e 15, autobus 55, 56 e 61, fermata Sant’Ottavio

In auto: parcheggio “Vittorio Park” in piazza Vittorio Veneto, a poche decine di metri dalla Fondazione

Dove mangiare

Per la pausa pranzo, consigliamo il ristorante Raviolhouse, specializzato in ravioli da condire a propria scelta, o Poormanger, dove gustare delle ottime patate ripiene.

Per una sosta dolce, consigliamo Sweet Lab, con un’ampia selezione di cupcake, cookies e altri dolci anglosassoni.

Collegamenti utili

Fondazione Accorsi-Ometto

GTT (Gruppo Torinese Trasporti)

Parcheggio “Vittorio Park”