Mostra “Torino anni ’50”
Torino – Fondazione Accorsi-Ometto
Alla Fondazione Accorsi-Ometto – Museo di Arti Decorative di Torino è aperta fino al 1 settembre 2024 la mostra “Torino anni ’50. La grande stagione dell’Informale”, che in oltre 70 opere racconta la nascita e l’evoluzione dell’arte informale in Italia con particolare attenzione agli artisti attivi a Torino. L’ingresso è incluso nell’Abbonamento Musei Piemonte Valle d’Aosta.
Adriano Parisot, Qualcosa che scatta 23/9/1951
L’arte Informale
L’Informale è un movimento artistico eterogeneo che si sviluppa in Europa dalla fine degli anni ’40 parallelamente all’Espressionismo astratto americano. Il termine “informale” indica il superamento del concetto di “forma”: gli artisti rifiutano sia la rappresentazione figurativa (che riproduce cioè le forme della realtà, come ad esempio i paesaggi o i ritratti), sia il linguaggio astratto, che pur nella sua essenzialità ha sempre come riferimento degli oggetti reali (come ad esempio il Cubismo, il Futurismo o le sintesi geometriche di Kandinskij e Mondrian).
Sergio Saroni, I due mandorli in fiore
All’origine dell’allontanamento dai linguaggi della rappresentazione figurativa c’è la profonda crisi umana e sociale causata dalla Seconda Guerra Mondiale: le tecniche pittoriche e le norme compositive tradizionali non sono più considerate in grado di esprimere i drammi, le atrocità, le angosce della guerra, di cui gli artisti sono stati testimoni diretti; essi sentono la necessità di esprimersi in modo più spontaneo, diretto e immediato, senza la mediazione di regole accademiche che ormai non sono più ritenute valide per leggere la nuova realtà ed esprimere stati d’animo prima sconosciuti.
Franco Garelli, Piccola industria
Le esperienze artistiche informali sono caratterizzate da un linguaggio espressivo che si basa sulla gestualità istintiva e a volte perfino violenta, sul valore del segno pittorico anziché del soggetto rappresentato, e sull’importanza della materia, con un netto rifiuto della creatività intesa come atto razionale e frutto di progettazione. Gli artisti informali danno vita alle loro opere senza una premeditazione, senza tentare di riprodurre un oggetto reale, ma come espressione spontanea delle emozioni che provano nel momento stesso della creazione. Non trattandosi di un movimento organizzato, ogni artista ne dà un’interpretazione personale. All’interno del movimento informale si possono comunque distinguere alcune correnti principali.
Mario Calandri, Scatola delle conchiglie
La corrente della pittura gestuale affida il significato al gesto dell’artista, che è un’espressione diretta dell’impulso creativo; simile all’Action Painting americano, il cui maggiore esponente è Jackson Pollock, si tratta di uno stile di pittura nel quale il colore viene sgocciolato, lanciato, buttato, graffiato, applicato con forza ed energia sulla tela; l’opera enfatizza quindi l’atto fisico della creazione, rendendo concrete e visibili le emozioni provate dall’artista. Fra i principali esponenti di questa tendenza, e presenti in mostra, Hans Hartung, Georges Mathieu, e l’italiano Emilio Vedova; le loro opere sono cariche di una forte intensità espressiva, che deriva dal dinamismo energico e anche violento del gesto pittorico, dal vigore dell’atto creativo che crea sulla tela flussi di colore vorticosi e di grande potenza emotiva.
Emilio Vedova, Ciclo 1962/1963 – n. 19
La corrente dell’Informale materico rompe il limite bidimensionale della tela ridefinendo il confine fra pittura e scultura. Le opere si caratterizzano per la loro matericità, con impasti densi e grumosi, agglomerati amorfi di materia ottenuti mescolando colla, segatura, polveri, sabbia e altri materiali al colore; questi composti vengono poi manipolati e applicati sulla tela, ottenendo una consistenza grossolana che emerge dalla superficie del quadro con un risultato tridimensionale. Il principale esponente di questa tendenza in Italia è Alberto Burri, che nelle sue opere utilizza una vasta gamma di materiali extra pittorici, come catrami, sacchi di juta, ferri, legni bruciati e plastiche. Portando avanti la ricerca sulla manipolazione della materia, Burri introduce il fuoco come strumento per modellare e creare: la fiamma brucia e segna la superficie di legno e metalli, fonde e deforma le plastiche, corrode la materia rappresentando il passaggio del tempo e l’effetto degli eventi sugli oggetti e sulle persone.
Alberto Burri, Sacco rosso e nero
La corrente della pittura segnica si basa sull’impiego di elementi grafici che non rappresentano forme e immagini della realtà, né sono riconoscibili in un alfabeto codificato, ma si pongono come un nuovo codice visivo puramente calligrafico, che si esprime in una successione e combinazione di segni ripetuti sistematicamente. Il segno scaturisce dal sentire e dall’esperienza personale dell’artista, che vengono comunicati attraverso un motivo grafico che non ha un significato razionale ma diventa un segno espressivo distintivo; il più importante artista italiano di questa tendenza è Giuseppe Capogrossi.
A sinistra: Giuseppe Capogrossi, Composizione. Al centro: Afro, Composizione. A destra: Giulio Turcato, Senza titolo
Ultima corrente dell’Informale è lo Spazialismo, il cui fondatore e massimo esponente è Lucio Fontana. Nel tentativo di superare i confini fisici e mentali imposti dallo spazio limitato e predefinito della superficie pittorica, Fontana rompe la tela con buchi e tagli per liberarla dalle costrizioni dei suoi confini fisici ed entrare nello spazio reale, cercando una terza dimensione; la tela non è più una semplice superficie su cui stendere il colore, ma un vero e proprio elemento nello spazio. Grazie alle loro superfici tridimensionali, alle ombre, all’apertura di una visuale attraverso e oltre la tela, i tagli e i buchi interagiscono con la realtà creando un’integrazione fra colore, luce, spazio e movimento, in una nuova definizione di opera d’arte non più come semplice oggetto ma come parte integrante della realtà.
Lucio Fontana, Concetto spaziale
La mostra
Dopo le tragiche vicende e le distruzioni della Seconda Guerra Mondiale, in un clima di rinnovamento ideologico e culturale, nell’ambito delle arti figurative si assiste ad un’apertura alle tendenze artistiche più aggiornate provenienti dall’Europa e, in misura più limitata, alle ricerche dell’Espressionismo astratto statunitense. Relativamente vicina alla Francia, dove si registrano le prime sperimentazioni artistiche d’avanguardia, Torino diventa fra la seconda metà degli anni ’40 e gli anni ’50 uno dei centri più importanti dell’arte contemporanea in Italia, ruolo che si consolida con l’inaugurazione nel 1959 della nuova sede della GAM (Galleria Civica d’Arte Moderna) e che cresce nei decenni successivi con la nascita del Museo di Arte Contemporanea del Castello di Rivoli (1984) e della fiera dell’arte contemporanea Artissima (1994).
A sinistra: Sam Francis, Coral branch n. 8. A destra: Pierre Soulages, Peinture sur papier
Le nuove tendenze dell’arte contemporanea si diffondono in città grazie ad una serie di mostre organizzate dalle principali gallerie private, a consorzi, laboratori e collaborazioni fra artisti, alla presenza assidua a Torino del critico d’arte francese Michel Tapié, ideatore del concetto di “arte informale”, alla costituzione della sezione torinese del MAC (Movimento Arte Concreta), nato a Milano con lo scopo di dare impulso all’arte non figurativa, all’apertura dell’Icar (International Center of Aesthetic Research), un vivace centro culturale collegato a Parigi, New York e Osaka, dove una serie di attività internazionali e di mostre permettono agli artisti operanti a Torino di conoscere l’Action painting, il Color Field Painting (pittura astratta a campiture di colore, rappresentata da artisti come Mark Rothko) e il giapponese Gruppo Gutai, che include artisti non figurativi che producono le loro opere in eventi, performance e happening aperti al pubblico.
A sinistra: Jean-Paul Riopelle, Composizione. Al centro: Toshimitsu Imai, Senza titolo. A destra: Gruppo Gutai, Senza titolo
Il percorso espositivo segue l’evoluzione delle principali tendenze dell’arte nel corso degli anni ’50, dai primi distacchi dalle forme espressive cubiste e futuriste fino alle ricerche degli artisti non figurativi che aderiscono ai vari filoni del movimento informale. La mostra si apre con una panoramica sull’astrattismo geometrico, con opere ancora legate alla pittura di ascendenza picassiana; questa astrazione, che partiva da un una rappresentazione figurativa deformandola fino a toglierle ogni riconoscibilità, si dirige ora all’utilizzo di forme e colori puri senza più alcun riferimento agli oggetti della realtà.
A sinistra: Filippo Scroppo, Senza titolo. A destra: Albino Galvano, Anima Mundi
La scena artistica torinese viene indagata nelle opere degli esponenti di maggior rilievo, ognuno dei quali interpreta la corrente informale in maniera personale; il panorama artistico spazia quindi dalle sculture costituite da assemblaggi in metallo saldato, alle combinazioni cromatiche ancora evocative di paesaggi, a opere di intensa matericità frutto di un linguaggio gestuale emotivo e veemente.
A sinistra: Piero Rambaudi, Le terre rosse. Al centro: Antonio Carena, Cielo. A destra: Carol Rama, Senza titolo
La scena artistica torinese è animata, oltre che dagli artisti italiani, anche dai molti artisti stranieri che espongono le loro opere nelle gallerie d’arte della città; in mostra sono in particolare rappresentati diversi pittori francesi, conosciuti a Torino anche grazie alle numerose e ricorrenti mostre curate da Tapié, e i giapponesi del Gruppo Gutai, oltre che del Laboratorio Sperimentale di Alba, sodalizio di artisti che in questo luogo di interazione e scambio si pone come obiettivo la difesa dei valori dell’immaginazione e della libera espressione soggettiva contro l’alienazione della società capitalistica.
Pinot Gallizio, Rotolo di pittura industriale
Qui trovate il nostro articolo sulla collezione permanente della Fondazione Accorsi-Ometto.
Come arrivare
La fondazione Accorsi-Ometto si trova in via Po 55, a pochi passi da piazza Vittorio Veneto.
Con i mezzi pubblici: tram 13 e 15, autobus 55, 56 e 61, fermata Sant’Ottavio.
In auto: parcheggio “Vittorio Park” in piazza Vittorio Veneto, a poche decine di metri.
Dove mangiare
Per la pausa pranzo, consigliamo il ristorante Raviolhouse, specializzato in ravioli da condire a propria scelta.
Per una sosta dolce, consigliamo Sweet Lab, con un’ampia selezione di cupcake, cookies e altri dolci anglosassoni.
Collegamenti utili
GTT (Gruppo Torinese Trasporti)