Rivoli (Torino) – Castello

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| Castello di Rivoli | Residenze Reali Sabaude | GTT |

Visita al Castello di Rivoli, nelle cui sale storiche è allestito il Museo d’Arte Contemporanea con la sua importante collezione di opere dal secondo Novecento ad oggi. Il castello fa parte del circuito delle Residenze Reali Sabaude. L’ingresso è incluso nell’Abbonamento Musei Piemonte Valle d’Aosta.

Castello di Rivoli – lato nord-occidentale

La storia

Visibile da grande distanza grazie alla sua posizione sopraelevata, il Castello di Rivoli domina il sottostante borgo almeno dal XII secolo, quando troviamo la prima menzione di un edificio fortificato. Inizialmente conteso fra il Vescovo di Torino e i Marchesi di Torino, nel 1247 il territorio rivolese passa sotto il controllo di casa Savoia, erede del marchesato. L’edificio fortificato a protezione del borgo che si evolve fino al XIV secolo deve aver avuto soprattutto lo scopo di difendere il passaggio verso la valle di Susa e quindi la Francia.

Vista dal balcone panoramico

L’aspetto dell’edificio fra XIV e XV secolo ci è noto grazie a quella che è ritenuta la prima rappresentazione del castello e del borgo di Rivoli: si tratta di un’incisione del 1606 edita a Parigi da Bartolomeo Debbene a illustrazione del poema Civitas veri sive morum, nella quale il complesso appare come un ampio recinto che racchiude vari edifici indipendenti, probabilmente costruiti nel corso del tempo secondo le necessità e assecondando la conformazione della collina.

Bartolomeo Debbene – Vista del Castello nel 1606, dettaglio da Civitas veri sive morum fol. 8

Conclusa la guerra tra Francia e Spagna per la successione del Ducato di Milano, che coinvolge il Piemonte in quanto terra di passaggio, nel 1560 il Duca Emanuele Filiberto rientra in possesso del Castello e dà avvio alla sua sistemazione per renderlo una degna residenza per sé e per la moglie Margherita di Valois, in attesa che la nascita di un primogenito gli permetta di portare la corte a Torino, come stabilito dagli accordi di pace con i francesi che ancora detenevano il controllo sulla città. Con la nascita dell’erede Carlo Emanuele I nel 1562, Torino viene eletta capitale dello Stato, ed Emanuele Filiberto vi trasferisce il centro del governo e la residenza della corte.

Nel primo decennio del ’600 Carlo Emanuele I, nato a Rivoli e quindi legato al castello per ragioni affettive, incarica prima Ascanio Vitozzi (autore anche del Santuario di Vicoforte) e poi il suo collaboratore Carlo di Castellamonte di progettare un rinnovamento dell’edificio; di questo progetto ci restano due immagini nel Theatrum Sabaudiae (1682), dove si vede una residenza con un corpo centrale e quattro torri angolari dall’aspetto molto simile al coevo Castello del Valentino a Torino, altra creazione del Castellamonte, con una serie di edifici a formare una scenografica scalinata, e un lungo edificio (l’odierna Manica Lunga) progettato per accogliere la pinacoteca privata del duca.

Tommaso Borgonio – Progetto per il Castello, dal Theatrum Sabaudiae (1682)

L’unica testimonianza rimasta di questa fase costruttiva è l’attuale Sala 23 o Sala di Amedeo VIII, situata al secondo piano. Dopo la morte di Carlo di Castellamonte nel 1641, il cantiere viene portato avanti dal figlio Amedeo, che completa la costruzione del Castello, terminato nel 1670, e di gran parte della Manica Lunga.

Manica Lunga

A seguito di una sprovveduta guerra intrapresa da Vittorio Amedeo II di Savoia contro il re di Francia Luigi XIV, nel 1691 le truppe francesi vincitrici comandate dal maresciallo Catinat devastano e saccheggiano il Piemonte, dando alle fiamme diversi edifici rappresentativi della dinastia sabauda fra cui il Castello di Rivoli e la Reggia di Venaria. Dopo la rivalsa piemontese nella battaglia di Torino del 1706 e la conseguente pace, Vittorio Amedeo II dà avvio alla ricostruzione delle residenze distrutte, affidando inizialmente l’incarico del Castello di Rivoli all’architetto Michelangelo Garove; i lavori di ripristino del 1713-14 portano l’edificio ad una volumetria assai simile a quella attuale. Assunto nel 1713 il titolo di Re di Sicilia, Vittorio Amedeo II si reca in visita nell’isola; qui incontra l’architetto Filippo Juvarra, che invita a Torino nominandolo primo architetto del ducato e affidandogli la costruzione o ristrutturazione di molte residenze, palazzi e chiese.

Castello di Rivoli, esterno

Il progetto di Juvarra per il Castello di Rivoli, di cui si hanno schizzi e disegni fin dal 1715, prevede il raddoppio speculare dell’edificio già costruito da Castellamonte, con un atrio centrale a raccordare le due ali dell’edificio, e la demolizione della Manica Lunga. L’aspetto che doveva avere il Castello nei progetti juvarriani è visibile in una serie di tele, oggi conservate in parte al Castello di Racconigi e in parte a Palazzo Madama a Torino, dipinte su commissione dell’architetto insieme a un modello ligneo realizzato nel 1718 da Carlo Maria Ugliengo e conservato anch’esso a Palazzo Madama.

Giovanni Paolo Pannini, Veduta del Castello di Rivoli verso Levante

I lavori prendono avvio con la decorazione degli ambienti interni già esistenti; la maggior parte delle sale del primo piano è realizzata entro la prima metà degli anni ’20. Il cantiere subisce però un progressivo rallentamento, dovuto sia alle ingenti spese di costruzione che alla contemporanea realizzazione o ristrutturazione di diverse altre residenze sabaude. Nel 1730 Vittorio Amedeo II abdica in favore del secondogenito Carlo Emanuele III, ma dopo solo pochi mesi tenta senza successo di riprendere il controllo del governo, venendo quindi imprigionato dal figlio proprio a Rivoli; i lavori al Castello si interrompono definitivamente, lasciando l’edificio incompiuto al momento in cui Juvarra aveva iniziato la realizzazione delle prime colonne dell’atrio e demolito solo parzialmente la Manica Lunga.

Castello di Rivoli – Atrio juvarriano

Nel 1792 Vittorio Amedeo III cede il Castello al secondogenito Vittorio Emanuele Duca d’Aosta (poi re Vittorio Emanuele I) con una dotazione di fondi per il restauro e la ristrutturazione dell’edificio. L’incarico viene affidato a Carlo Randoni, primo architetto civile del re che si occuperà anche della decorazione degli altri appartamenti destinati ai Duchi d’Aosta a Palazzo Reale, Moncalieri e Venaria. Nei pochi anni del suo operato, Randoni si dedica all’allestimento degli appartamenti del Duca e della Duchessa d’Aosta Maria Teresa d’Austria-Este, situati al secondo piano. Sull’esterno dell’edificio, che oggi vediamo in mattoni, era in origine prevista un’intonacatura, di cui resta testimonianza nella campionatura del prospetto sud-est (lato posteriore rispetto all’ingresso), già progettata da Juvarra ed eseguita da Randoni. Il disegno ricorda le ali laterali della facciata di Palazzo Madama a Torino, a cui Juvarra stava lavorando contemporaneamente al Castello di Rivoli.

Vista dallo scalone di accesso

L’inizio delle invasioni napoleoniche, con l’occupazione della Cittadella di Torino nel 1798, segna la definitiva sospensione dei lavori di completamento dell’edificio. Fuggito il Duca, Napoleone prende possesso del Castello, e nel 1813 lo infeuda insieme al territorio di Rivoli a suo cugino il maresciallo Michel Ney Duca d’Elchingen, con il titolo di Principato della Moskova, per i suoi meriti nella campagna di Russia. Con la Restaurazione, Vittorio Emanuele, nel frattempo salito al trono, torna in possesso delle residenze reali, ma risiede solo sporadicamente e per brevi periodi a Rivoli.

Scalone di accesso al Castello

Alla morte di Vittorio Emanuele I nel 1824 la regina vedova Maria Teresa d’Austria Este si ritira a Villa Cristina presso Altessano, nella quale trasferisce gli arredi principali ancora esistenti al castello di Rivoli dopo le spoliazioni napoleoniche. Il Castello passa in eredità alle quattro figlie, che per contenere le spese di mantenimento frazionano la proprietà affittandola al Comune di Rivoli per alloggiarvi un battaglione di fanteria. Dopo molti anni  di trattative, nel 1883 tutto il complesso viene venduto al Comune di Rivoli, che lo destina a sede per l’acquartieramento di truppe militari.

L’utilizzo del Castello come sede militare comporta un lento ma progressivo degrado della struttura; durante la Seconda Guerra Mondiale la Manica Lunga viene frazionata e utilizzata come abitazione per sfollati e senzatetto, il complesso viene in parte occupato da truppe tedesche, subisce atti di saccheggio ed è teatro di battaglie durante la Resistenza. Nell’agosto del 1943 nel corso di un bombardamento aereo americano alcuni spezzoni incendiari colpiscono e distruggono parte del tetto del Castello. Nel 1946 la Soprintendenza ai Beni Ambientali e Architettonici del Piemonte esegue alcuni interventi alle coperture e ai serramenti a parziale e temporaneo rimedio ai danni dei bombardamenti; i lavori vengono ripresi nel 1947-48 dal Genio Civile con la messa in opera di nuove strutture in cemento armato a sostituzione delle capriate lignee distrutte nel 1943.

Castello di Rivoli, terzo piano: capriate in cemento (1947-48)

I primi segni di una volontà di recupero del Castello risalgono al 1960 quando, in vista delle celebrazioni del centenario dell’Unità d’Italia, la Soprintendenza ai Monumenti ha la possibilità di utilizzare parte dei fondi ministeriali per un programma generale di restauro dei monumenti più rappresentativi del Piemonte. L’architetto Andrea Bruno è incaricato di valutare la fattibilità di un restauro, ma appare subito chiaro che l’entità dei danni è tale che occorrerebbe impegnare la quasi totalità della cifra disponibile, e ogni iniziativa viene accantonata. Nel 1967 si attua una parte del progetto, con la liberazione dell’atrio di Juvarra da una serie di costruzioni realizzate a inizio ’900 e l’abbattimento di una galleria di comunicazione temporanea fra palazzo e Manica Lunga realizzata nel primo periodo juvarriano. Negli anni successivi l’edificio, privo di una destinazione d’uso definitiva e di qualunque manutenzione, subisce il degrado del tempo, con crollo di tetti, infiltrazioni d’acqua, perdita delle decorazioni interne. Solo alla fine degli anni ’70 la Regione Piemonte interviene nell’ambito di un programma di recupero delle Residenze Sabaude, e dà avvio al cantiere di restauro.

Castello di Rivoli – Ingresso

Il ripristino dell’edificio del castello si conclude nel 1984 sotto la guida di Andrea Bruno. Dopo accesi dibattiti, l’intero edificio viene destinato a sede del primo museo d’arte contemporanea in Italia. Il Museo viene inaugurato nel dicembre dello stesso anno senza una collezione permanente, con la mostra temporanea Ouverture che per un anno presenta una selezione di opere che suggeriscano un’ideale collezione per un museo di arte contemporanea. Negli anni seguenti, si forma un gruppo di gestione mista fra enti pubblici e soggetti privati, e viene costituita una Fondazione per l’arte moderna e contemporanea allo scopo di sostenere la Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino e il Castello di Rivoli incrementando il patrimonio delle rispettive collezioni permanenti. L’edificio della Manica Lunga viene restaurato con varie interruzioni fra il 1984 e il 2011, dotando così il Museo di una biblioteca, una caffetteria, sale didattiche.

Alla parete: Richard Long, Rivoli mud circle. A terra: Richard Long, Romulus circle

Dalla sua apertura, il Museo organizza numerose mostre temporanee, ospitate sia nelle sale del sottotetto che nella Manica Lunga, incrementa costantemente la collezione permanente che è esposta a rotazione periodica nelle sale storiche, e prosegue nei restauri e nella valorizzazione dell’edificio, come in occasione della scoperta nel 2014 di una cisterna di probabile epoca cinquecentesca ora visibile nell’area pedonalizzata sul retro del Castello.

Cisterna cinquecentesca

Il percorso di visita

Per comprendere meglio la storia del Castello di Rivoli consigliamo di iniziare la visita dagli esterni. Lasciando alle spalle la rotonda troviamo sulla sinistra l’imponente edificio del Castello vero e proprio, e a destra la Manica Lunga. Lo spazio aperto al centro è l’atrio progettato da Juvarra e mai terminato, di cui possiamo osservare alcune colonne e le imposte degli archi; sulla pavimentazione sono state segnate in colori più scuri le posizioni delle porzioni mai realizzate. Osservando la Manica Lunga è possibile vedere le mura parzialmente demolite all’inizio del ’700; la vetrata a specchi nella quale si riflette il Castello vuole rievocare il progetto di Juvarra di raddoppiare la volumetria dell’edificio dopo la demolizione della Manica Lunga, progettata e mai realizzata.

A sinistra: l’atrio juvarriano visto dal balcone panoramico. A destra: la Manica Lunga

Tornando verso la rotonda, giriamo ora a destra per seguire il perimetro del Castello. Dal piazzale panoramico si può osservare in basso il centro storico di Rivoli, mentre in lontananza al termine di corso Francia (lo stradone rettilineo progettato a inizio ’700 da Michelangelo Garove per collegare il Castello alla capitale Torino) è ben visibile la Basilica di Superga, altro progetto di Juvarra. Volgendosi ora verso il Castello, sulla pavimentazione si notano dei profili in colore diverso, che rievocano le terrazze progettate da Juvarra e mai realizzate. Completiamo ora il perimetro del Castello per osservare sul retro l’unica parete intonacata, messa in opera come saggio alla fine del ’700 da Randoni.

Castello di Rivoli – Parete esterna intonacata

La biglietteria si trova nella Manica Lunga. Da qui è possibile salire con l’ascensore panoramico fino al terzo piano, dove vengono allestite le mostre temporanee. Ritornati al piano terra, si accede al Castello attraversando l’atrio juvarriano e salendo l’unica rampa di scale realizzata da Randoni seguendo l’originale progetto juvarriano; l’attuale accesso ai piani avviene tramite una moderna scala autoportante in metallo costruita durante i lavori di restauro nel vano già previsto da Juvarra per lo scalone d’onore mai realizzato; sulla parete sono stati scoperti i tracciamenti dei gradini risalenti al tempo di Randoni, che progettava di realizzare la scala secondo il disegno di Juvarra. Le pareti della scala sono oggi decorate da opere realizzate appositamente per gli ambienti del Castello, come molte altre della collezione permanente.

Scalone: Lawrence Weiner, Made to produce a spark. James Lee Byars, The wand

Le sale storiche si trovano al primo e al secondo piano. In questa guida seguiremo la numerazione delle sale che parte dal primo piano, ma il percorso di visita è libero e può essere seguito in qualunque ordine. Nelle sale sono presenti pannelli che forniscono spiegazioni sulle opere di arte contemporanea e sulle decorazioni degli ambienti. Al primo piano si trovano alcune stanze di rappresentanza e gli appartamenti decorati negli anni ’20 del ’700 da Juvarra per il re Vittorio Amedeo II e la Regina Anna Maria d’Orléans. Le sale da 1 a 6 non sono mai state decorate, e ospitano allestimenti di artisti contemporanei; segnaliamo la colorata Sala 3 con un’opera di Nicola De Maria, la Sala 4 decorata da Sol Lewitt, e la Sala 5 dove trovano collocazione alcune opere di Michelangelo Pistoletto fra cui in genere la Venere degli stracci (ma ricordiamo che spesso le opere sono esposte a rotazione).

Michelangelo Pistoletto, Venere degli stracci

Entrando ora negli ambienti storici, la Sala 7, prima stanza dell’appartamento di Vittorio Amedeo II, presenta una volta a grottesche con un affresco raffigurante Orfeo e le Menadi. La Sala 8 è detta Camera delle gabbie per la decorazione a gabbiette della volta, al centro della quale è un affresco raffigurante Selene sul carro. La volta della Sala 9 è decorata in stile a grottesca con personaggi mitologici e scene di battaglia, mentre quella della Sala 10 raffigura episodi delle Fatiche di Ercole. L’appartamento si conclude con la Sala 11, già camera da letto del re, la cui volta è decorata con putti dormienti e figure a grottesca su fondo a foglia d’oro.

Sala 10: Sala delle fatiche di Ercole, volta

Tornando sui nostri passi, proseguiamo verso l’appartamento di Anna Maria d’Orléans, speculare a quello del re ma che non è interamente aperto alle visite. Fra i due appartamenti si trova la Sala 12 o Sala di Bacco e Arianna per l’affresco che decora la volta; due busti in marmo raffigurano Carlo Emanuele II (figlio di Vittorio Amedeo II) come Adone e la moglie Maria Giovanna di Savoia-Nemour come Diana. Già sala da pranzo, l’ambiente è caratterizzato dai due buffetti, nicchie semicircolari decorate a grottesche destinate a ospitare sui ripiani le collezioni di porcellane. Il pavimento della sala è l’unico realizzato nel 1725 fra quelli disegnati da Juvarra, e presenta un caratteristico motivo con effetto tridimensionale.

Sala 12: Sala di Bacco e Arianna; Sebastiano Galeotti, Sposalizio di Bacco e Arianna

Nella Sala 13, la cui volta è decorata da stemmi di casa Savoia, di Torino, Rivoli e Roma risalenti all’800, è visibile il pozzo medievale che fino al ’600 costituiva la principale risorsa idrica del complesso. La Sala 14, con un soffitto decorato a stucchi con busti antichi, ghirlande, fiori, conchiglie, e un pavimento realizzato durante i lavori di restauro secondo l’originario disegno di Juvarra, ospita l’opera di Maurizio Cattelan Novecento, un cavallo imbalsamato sospeso con una corda al centro della sala.

Sala 14: Sala degli Stucchi; Maurizio Cattelan, Novecento

La Sala 15 presenta sulla volta una raffigurazione dei continenti agli angoli, e al centro Il sorgere del sole. Le Sale 16 e 17 sono ambienti di origine seicentesca che servivano da corridoi di disimpegno e che al momento del restauro sono stati trovati privi di decorazioni.

Sala 15: Sala dei continenti, volta

Le sale del secondo piano sono state in gran parte allestite nel 1793-94 dall’architetto Randoni per ospitare i Duchi d’Aosta Vittorio Emanuele di Savoia e Maria Teresa d’Austria-Este. La disposizione degli ambienti è la stessa del primo piano, con alcune sale di rappresentanza e due appartamenti per i Duchi. Le sale da 18 a 20 non sono mai state decorate. La Sala 21 era la camera d’udienza della principessa Maria Beatrice di Savoia, unico ambiente superstite degli appartamenti destinati alle figlie dei Duchi d’Aosta, ultime proprietarie del Castello. La Sala 22, già camera da letto della Duchessa Maria Teresa, presenta al centro della volta un affresco con l’Aurora che lascia dietro di sé la Notte.

Sala 22: Sala del sorgere del giorno, volta

La Sala 23 o Sala di Amedeo VIII è l’unico ambiente ad aver conservato la decorazione seicentesca, andata perduta nell’incendio provocato dalle truppe francesi del maresciallo Catinat nel 1693; le scene alle pareti e sulla volta celebrano Amedeo VIII, primo duca della dinastia Savoia nel 1416.

Sala 23: Sala di Amedeo VIII

Il gabinetto della Sala 24 presenta una decorazione a tempera a trompe-l’oeil che simula legni pregiati; sulla volta un motivo geometrico ottagonale racchiude otto medaglioni con coppie di divinità; al centro danzatrici di gusto pompeiano tengono una collana di perle fermata dal nodo sabaudo e dalle iniziali dei duchi Vittorio Emanuele e Maria Teresa. La piccola Sala 25 è caratterizzata per la decorazione della volta, che simula un velo drappeggiato su fondo azzurro.

Sala 24: Gabinetto del finto legno

La Sala 27 o Salottino cinese, così detto per le decorazioni di gusto orientale delle colonne e della volta, è un ambiente di raccordo fra gli appartamenti del Duca e della Duchessa d’Aosta; conserva l’originale pavimento ligneo. Nel locale attiguo si trova una piccola cappella, un tempo decorata da una pala di Girolamo Giovenone oggi alla Galleria Sabauda. Le Sale 28 e 29 presentano ancora le decorazioni iniziate ai tempi di Juvarra con fasce in stucco e volte mai completate.

Sala 27: Sala cinese, volta

Anche la Sala 30 presenta una decorazione del periodo juvarriano, con una volta piuttosto rovinata decorata da Giovan Battista Van Loo (attivo in quegli anni anche alla Palazzina di Stupinigi) che raffigura il mito di Pigmalione re di Cipro e della ninfa Galatea, rievocando il titolo di Re di Cipro di cui i Savoia erano pretendenti nel ’400. Nell’attigua Sala 31 un’altra bella volta di Van Loo raffigura Apollo con il Tempo, l’Abbondanza e Flora.

Persa in gran parte la decorazione della volta, la Sala 32 si caratterizza per i ricchi trumeaux, ossia le cornici destinate a ospitare specchi e dipinti, di epoca juvarriana. Più sobria l’ultima sala del piano, dall’aspetto neoclassico, dedicata alla nascita di Carlo Emanuele I in seguito alla quale Emanuele Filiberto sposta la capitale del ducato a Torino nel 1562.

Sala 31: Camera da letto Principe di Piemonte, volta

Saliti al terzo piano, è d’obbligo l’affaccio sul balcone panoramico in vetro, sporgente dall’edificio, dal quale è possibile avere una visuale unica sulla Manica Lunga e sull’incompiuto atrio juvarriano. Il piano era in origine diviso in piccoli alloggi destinati agli addetti di corte, ed era sovrastato da un quarto livello sottotetto con i locali per la servitù oggi non più esistente. Dopo le modifiche subite a partire dal tardo ’800 per ospitare le truppe militari, per molti decenni questo piano rimane abbandonato, subendo numerosi danni da agenti atmosferici. Il tetto fatiscente viene completamente sostituito all’inizio degli anni ’80, lasciando la nuova struttura in legno a vista. Dall’ultima sala (senza numerazione) è possibile vedere, grazie a una passerella, l’estradosso della volta della sala sottostante, costruita all’epoca di Randoni, mentre in alto dipinte di rosso sono ancora visibili le capriate in cemento costruite dal Genio Civile per ripristinare il tetto andato distrutto con il bombardamento del 1943. Le sale di questo piano vengono utilizzate per mostre temporanee.

Ingresso al Castello

Come arrivare

Il Castello di Rivoli si trova in piazza Mafalda di Savoia, in posizione panoramica su un’altura a ridosso del centro storico.

In auto: nelle immediate vicinanze del Castello sono disponibili numerosi parcheggi gratuiti.

Con i mezzi pubblici: per raggiungere Rivoli dal centro di Torino, arrivare in metropolitana alla fermata Massaua; da qui, proseguire con la linea autobus 36 fino al capolinea di piazza Martiri della Libertà a Rivoli. Dal capolinea è possibile prendere la linea 36 navetta che porta in piazza Mafalda di Savoia, ma consigliamo di proseguire a piedi percorrendo tutta la pedonale via Fratelli Piol (in salita) che in circa 15 minuti consente di raggiungere il Castello passeggiando nel centro storico di Rivoli.

Dove mangiare

In alcuni locali della Manica Lunga si trova la Caffetteria del Castello, aperta con gli stessi orari del Museo; numerosi caffè, piadinerie, ristoranti, pasticcerie si trovano anche lungo via Fratelli Piol, a qualche minuto a piedi dal Castello.


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